venerdì 5 ottobre 2012

La favola di Fedro


Fedro, autore principale del genere della favola durante l’ età Giulio-Claudia, nacque in Macedonia, giunse come schiavo a Roma e venne liberato da Augusto. A causa della forte censura dopo la morte di Augusto, ma volendo continuare a parlare dei vizi e della corruzione del tempo, cominciò a mascherare i propri personaggi rappresentandoli come animali.
Di tutta la sua produzione ci sono pervenute 93 favole ( molte sono andate perdute ). Fedro scrisse 5 libri, tutti preceduti da un prologo. In particolare i prologhi evidenziano la crescita di una consapevolezza artistica del poeta: nei primi prologhi Fedro si definisce semplice traduttore di Esopo, negli ultimi invece rivendica la dignità artistica delle sue favole. Nello specifico:
·        Nel primo e nel secondo prologo il poeta ci comunica il suo duplice obiettivo: divertire e insegnare;
·        Nel terzo prologo ci espone il suo programma poetico: da voce agli umili e esprime il risentimento di chi vive ai margini della società ( Atteggiamento che non troviamo in Esopo ). Infine conclude dicendo che si muove in maniera originale entro la tradizione Esopica, inventando favole nuove o attribuendo significati nuovi a favole vecchie;
·        Nel quarto e nel quinto prologo Fedro riconosce la sua bravura e conclude presuntuosamente dicendo che Esopo non è altro che un nome a cui è doveroso rendere grazie per aver inventato un genere.
Protagonisti quasi assoluti delle favole di Fedro sono gli animali ( ma ci sono anche contadini, pescatori, etc. ) che incarnano i vizi degli uomini. Questi possono essere divisi in due categorie: oppressori ( Lupo, Cinghiale, Aquila, Leone ); oppressi ( Agnello, Cavallo, Topo ). Lo stile ricalca il “sermo quotidianus” ( linguaggio quotidiano) dei ceti elevati, preferisce la brevitas poiché il suo messaggio deve essere chiaro e concreto. Non fu molto apprezzato dai contemporanei, ma fu riscoperto in seguito, soprattutto nel Medioevo ( Cfr La Fontaine )


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