REGOLE DI
MORALE SUL METODO
Per una vita più felice Cartesio stabilisce una
morale provvisoria, considerata il grado più elevato della saggezza e il frutto
più maturo della conoscenza. Quattro sono le regole morali che Cartesio elabora
nel "Discorso sul Metodo":
1) Obbedire alle leggi e ai costumi in
vigore nel proprio paese e mantenere la religione alla quale si è stati
educati, cercando di dar conto alle opinioni delle persone che egli giudica
essere dotati di maggior buon senso. Inoltre egli credeva fosse più produttivo
guardare alle loro azioni, piuttosto che ai pensieri, scegliendo tra le diverse
opinioni quelle più moderate poiché più facili da mettere in pratica. 2)
Perseverare con risoluzione nella decisione presa, sebbene essa possa sembrare
dubitabile nel corso dell' esecuzione; occorre portare a termine ciò che è
stato intrapreso. Secondo i critici questa massima rappresenta un invito a
perseguire caparbiamente anche nelle azioni sbagliate. Descartes, dunque, per
rispondere alla provocazione si corresse "ho detto tutt' altra cosa,
essere risoluti nelle azioni, anche quando si è irrisoluti nei giudizi”. 3)
Cercare di vincere se stessi piuttosto che la fortuna e di cambiare i propri
pensieri più che l' ordine del mondo. Cartesio ritiene che nulla è interamente
in nostro potere, eccezion fatta per i nostri pensieri che dipendono dal nostro
libero arbitrio. Scrisse, addirittura, che bisognerebbe imitare i filosofi
stoici, felici anche nel dolore e nella povertà, poiché disponevano dei loro
pensieri che li rendevano ricchi, potenti e più liberi di qualunque altro uomo.
Questa regola rimase il caposaldo della morale di Cartesio, il quale esige che
l' uomo si lasci condurre unicamente della propria ragione. 4) Dedicare tutta
la vita allo sviluppo della ragione e alla ricerca della verità. Quest' ultima
regola mette in evidenza la vocazione di Cartesio piuttosto che una massima
generalizzabile. Progredendo il più possibile nella conoscenza del vero, l'
uomo può sperare di raggiungere la felicità già in questa vita.
Descartes, dopo aver viaggiato per nove anni,
quasi come uno spettatore che assiste alla " commedia della vita", si
soffermò a riflettere sul mondo. Tuttavia il dubbio cartesiano era ben diverso
da quello scettico, infatti era finalizzato alla ricerca di una certezza che lo
rendesse sicuro.
LABORATORIO FILOSOFICO
Cartesio preferì evitare di trattare
organicamente i temi etico - politici in quanto credeva che solo il sovrano e i
consiglieri dovessero dedicarsi a tali questioni. Affronta, invece, questi
argomenti ne "Le Passioni dell' anima", nella corrispondenza con
Elisabetta del Palatinato, con lo Chanut e con la regina di Svezia, oltre che
nella parte terza del discorso. Alcune delle lettere più significative sono
proprio quelle che scambiò con la principessa Elisabetta per risollevarla dalla
depressione in cui era caduta in seguito a delle disgrazie familiari. Nella
prima lettera Descartes individua nella filosofia l’unico mezzo per poter
raggiungere la felicità, che è l’unica valida alternativa al semplice aspettare
che la fortuna agisca a tal proposito. Infatti si propone di commentare nelle sue
lettere gli scritti di Seneca, in particolare “ De Vita Beata” invitando la
principessa ad uno scambio di opinioni al riguardo.
Nella seconda missiva Descartes giustifica la
scelta dell’opera sopracitata dicendo che gli argomenti trattati da Seneca sono
molto importanti, indipendentemente dalle modalità di trattazione. A partire
dalle parole del filosofo “ Tutti vogliono vivere in beatitudine,ma son
ciechi,quando si tratta di vedere cosa renda beata la vita “ egli introduce la
differenza che, secondo lui, intercorre tra la felicità e la beatitudine . La
prima dipende dalla fortuna ed è totalmente esterna all’individuo,invece la
seconda consiste in una contentezza dello spirito e una soddisfazione interiore
che va al di là del caso . A contribuire al raggiungimento di questa “ sovrana
contentezza ” concorrono da un lato la virtù e la saggezza,che dipendono
dall’individuo stesso, e dall’altro la salute e la ricchezza,che invece non ne
dipendono. E’ scontato dire che tale felicità è più completa per coloro che possiedono
anche i beni materiali,piuttosto che per coloro che nascono malati e poveri;
ciò non toglie che anche questi “disgraziati” possano raggiungere lo stesso
grado di contentezza, purchè si osservino le 3 regole proposte da Cartesio
stesso nella sua opera “ Discorso sul Metodo” . Innanzitutto bisogna servirsi
del proprio spirito per sapere cosa fare in ogni circostanza, seguendo i
consigli della ragione,senza lasciarsi condizionare dalle passioni o dagli
appetiti: è proprio la fermezza,la virtù di cui dobbiamo disporre maggiormente.
Inoltre comportandosi secondo ragione,impariamo a considerare ciò che non
possediamo come completamente fuori dalla nostra portata;in questo modo non
dovremo confrontarci con il rimpianto e il pentimento che rappresentano gli
ostacoli al raggiungimento della felicità. D’altronde se la fermezza non è
supportata dall’intelletto,può condurci ad una falsa virtù,a ciò che ci sembra
bene,ma in realtà è male. A questo punto Descartes spiega che se Seneca ci
avesse insegnato come usare la virtù, la sua opera sarebbe stata la migliore
tra le opere pagane,infatti sebbene non fosse cristiano,aveva parlato di
beatitudine.
Cartesio, inoltre, precisa il concetto di
passioni,sostenendo che in realtà non sono pericolose,purchè sottoposte alla
supervisione della ragione che ne eviti gli eccessi. Tutti coloro che sono
portati alle emozioni più forti, non possono fare a meno di manifestarle
apertamente piangendo, tremando o ridendo;quindi nel momento in cui si è presi
da questi “forti rivolgimenti di sangue “ si deve riflettere circa le ragioni
necessarie per distrarsi con altri pensieri. In conclusione, secondo Descartes,
solo la saggezza può insegnare ad essere padroni delle passioni e a tramutare
anche i mali più sopportabili in gioia.
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