mercoledì 3 ottobre 2012

CARTESIO E LA MORALE

REGOLE DI MORALE SUL METODO

Per una vita più felice Cartesio stabilisce una morale provvisoria, considerata il grado più elevato della saggezza e il frutto più maturo della conoscenza. Quattro sono le regole morali che Cartesio elabora nel "Discorso sul Metodo":

1) Obbedire alle leggi e ai costumi in vigore nel proprio paese e mantenere la religione alla quale si è stati educati, cercando di dar conto alle opinioni delle persone che egli giudica essere dotati di maggior buon senso. Inoltre egli credeva fosse più produttivo guardare alle loro azioni, piuttosto che ai pensieri, scegliendo tra le diverse opinioni quelle più moderate poiché più facili da mettere in pratica. 2) Perseverare con risoluzione nella decisione presa, sebbene essa possa sembrare dubitabile nel corso dell' esecuzione; occorre portare a termine ciò che è stato intrapreso. Secondo i critici questa massima rappresenta un invito a perseguire caparbiamente anche nelle azioni sbagliate. Descartes, dunque, per rispondere alla provocazione si corresse "ho detto tutt' altra cosa, essere risoluti nelle azioni, anche quando si è irrisoluti nei giudizi”. 3) Cercare di vincere se stessi piuttosto che la fortuna e di cambiare i propri pensieri più che l' ordine del mondo. Cartesio ritiene che nulla è interamente in nostro potere, eccezion fatta per i nostri pensieri che dipendono dal nostro libero arbitrio. Scrisse, addirittura, che bisognerebbe imitare i filosofi stoici, felici anche nel dolore e nella povertà, poiché disponevano dei loro pensieri che li rendevano ricchi, potenti e più liberi di qualunque altro uomo. Questa regola rimase il caposaldo della morale di Cartesio, il quale esige che l' uomo si lasci condurre unicamente della propria ragione. 4) Dedicare tutta la vita allo sviluppo della ragione e alla ricerca della verità. Quest' ultima regola mette in evidenza la vocazione di Cartesio piuttosto che una massima generalizzabile. Progredendo il più possibile nella conoscenza del vero, l' uomo può sperare di raggiungere la felicità già in questa vita.
Descartes, dopo aver viaggiato per nove anni, quasi come uno spettatore che assiste alla " commedia della vita", si soffermò a riflettere sul mondo. Tuttavia il dubbio cartesiano era ben diverso da quello scettico, infatti era finalizzato alla ricerca di una certezza che lo rendesse sicuro.

LABORATORIO FILOSOFICO


Cartesio preferì evitare di trattare organicamente i temi etico - politici in quanto credeva che solo il sovrano e i consiglieri dovessero dedicarsi a tali questioni. Affronta, invece, questi argomenti ne "Le Passioni dell' anima", nella corrispondenza con Elisabetta del Palatinato, con lo Chanut e con la regina di Svezia, oltre che nella parte terza del discorso. Alcune delle lettere più significative sono proprio quelle che scambiò con la principessa Elisabetta per risollevarla dalla depressione in cui era caduta in seguito a delle disgrazie familiari. Nella prima lettera Descartes individua nella filosofia l’unico mezzo per poter raggiungere la felicità, che è l’unica valida alternativa al semplice aspettare che la fortuna agisca a tal proposito. Infatti si propone di commentare nelle sue lettere gli scritti di Seneca, in particolare “ De Vita Beata” invitando la principessa ad uno scambio di opinioni al riguardo.
Nella seconda missiva Descartes giustifica la scelta dell’opera sopracitata dicendo che gli argomenti trattati da Seneca sono molto importanti, indipendentemente dalle modalità di trattazione. A partire dalle parole del filosofo “ Tutti vogliono vivere in beatitudine,ma son ciechi,quando si tratta di vedere cosa renda beata la vita “ egli introduce la differenza che, secondo lui, intercorre tra la felicità e la beatitudine . La prima dipende dalla fortuna ed è totalmente esterna all’individuo,invece la seconda consiste in una contentezza dello spirito e una soddisfazione interiore che va al di là del caso . A contribuire al raggiungimento di questa “ sovrana contentezza ” concorrono da un lato la virtù e la saggezza,che dipendono dall’individuo stesso, e dall’altro la salute e la ricchezza,che invece non ne dipendono. E’ scontato dire che tale felicità è più completa per coloro che possiedono anche i beni materiali,piuttosto che per coloro che nascono malati e poveri; ciò non toglie che anche questi “disgraziati” possano raggiungere lo stesso grado di contentezza, purchè si osservino le 3 regole proposte da Cartesio stesso nella sua opera “ Discorso sul Metodo” . Innanzitutto bisogna servirsi del proprio spirito per sapere cosa fare in ogni circostanza, seguendo i consigli della ragione,senza lasciarsi condizionare dalle passioni o dagli appetiti: è proprio la fermezza,la virtù di cui dobbiamo disporre maggiormente. Inoltre comportandosi secondo ragione,impariamo a considerare ciò che non possediamo come completamente fuori dalla nostra portata;in questo modo non dovremo confrontarci con il rimpianto e il pentimento che rappresentano gli ostacoli al raggiungimento della felicità. D’altronde se la fermezza non è supportata dall’intelletto,può condurci ad una falsa virtù,a ciò che ci sembra bene,ma in realtà è male. A questo punto Descartes spiega che se Seneca ci avesse insegnato come usare la virtù, la sua opera sarebbe stata la migliore tra le opere pagane,infatti sebbene non fosse cristiano,aveva parlato di beatitudine.
Cartesio, inoltre, precisa il concetto di passioni,sostenendo che in realtà non sono pericolose,purchè sottoposte alla supervisione della ragione che ne eviti gli eccessi. Tutti coloro che sono portati alle emozioni più forti, non possono fare a meno di manifestarle apertamente piangendo, tremando o ridendo;quindi nel momento in cui si è presi da questi “forti rivolgimenti di sangue “ si deve riflettere circa le ragioni necessarie per distrarsi con altri pensieri. In conclusione, secondo Descartes, solo la saggezza può insegnare ad essere padroni delle passioni e a tramutare anche i mali più sopportabili in gioia.

Nessun commento:

Posta un commento